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Il pozzo nuragico di Santu Antine di Genoni

Su un terrazzamento artificiale che affaccia sul paese di Genoni, a un quota inferiore rispetto alla sommità del colle, si trova un pozzo risalente nel suo impianto originario all’età nuragica. L’importante opera idraulica, fondamentale per approvvigionamento di acqua nel sito, ma con funzione anche cultuale, è la più profonda nel suo genere attualmente conosciuta in Sardegna. Il pozzo, a sezione circolare, raggiunge infatti la profondità massima di 39,85 metri.

La parte superiore, fino a una profondità di 6,5 metri, è realizzata in conci di trachite modellati. La parte restante è invece costruita con blocchi di calcare, materiale non reperibile in loco, ma trasportato dai territori limitrofi perché più idoneo a garantire la qualità e il sapore dell’acqua. L’imboccatura circolare attualmente visibile, di 75 cm di diametro, doveva essere in origine coperta da una struttura di cui alcuni conci sono stati rinvenuti all’interno del pozzo. Lo scavo del riempimento, realizzato dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Sassari e Nuoro tra gli anni ’80 e i primi anni ’90 del secolo scorso, ha restituito una notevole quantità di materiale, di estremo interesse per la ricostruzione delle varie fasi di occupazione del sito.

Tra i reperti più significativi di età nuragica si segnalano una brocca agganciata all’estremità di una spada votiva, un’immanicatura di pugnale in avorio di elefante, frammenti di due modellini di nuraghe in pietra e due bronzetti raffiguranti personaggi maschili. Uno di questi, probabilmente prodotto nel vicino Oriente nel X sec. a.C., rappresenta un uomo nudo, con una collana intrecciata che scende sul petto e uno scettrobastone tenuto nella mano destra. Il secondo bronzetto, di ambito invece nuragico, è un offerente, con mano alzata in segno di benedizione o saluto, vestito con un corto gonnellino e un copricapo a calotta. Tra i manufatti in ceramica invece si annoverano decine di brocche e alcune fiasche del pellegrino. Dal riempimento del pozzo provengono numerosi materiali, soprattutto ceramici, che ne documentano la continuità d’uso nel periodo punico e romano.

Ad etĂ  romana in particolare, oltre a numerose monete datate tra il I e il II sec. d.C., risalgono anche parti di una carrucola in bronzo, elementi lignei e situle in bronzo e in rame, pertinenti al sistema di attingimento delle acque utilizzato in questa fase.

Articolo a cura della Dott.ssa Chiara Pilo  – Funzionario responsabile tutela archeologica – Ministero dei beni e delle attivitĂ  culturali e del turismo.

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