Grazie alle prove fossili: la Sardegna che non ti aspetti
La Sardegna nella sua più recente storia geologica ha ospitato una fauna ed una flora che oggi potremo incontrare in mari ben più caldi rispetto al Mar Mediterraneo.
Parliamo di un periodo, il Miocene, iniziato circa 23 milioni di anni fa e terminato poco più di 5 milioni di anni fa. Immaginando di poter tornare indietro nel tempo, avremo visto una Sardegna molto diversa rispetto a quella che conosciamo oggi.
Per prima cosa, la sua posizione. Non avremo visto l’isola al centro del Mediterraneo, ma davanti alle coste della Provenza, praticamente in Francia! La cosa ancora più strana è che non solo la Sardegna si trovava in quell’area, ma anche la Corsica, parte del Nord Africa e parte della Calabria. In particolare, Sardegna e Corsica formavano (e formano ancora oggi) quello che viene chiamato Blocco Sardo-Corso.
Sappiamo, grazie ai terremoti, che la crosta terrestre è sempre in movimento; generalmente si osservano spostamenti delle placche di pochi millimetri all’anno fino a qualche centimetro. Movimenti lenti ma sempre presenti. E proprio a causa di questi movimenti che pian piano, all’inizio del Miocene, il blocco Sardo-Corso iniziò a separarsi dalla costa provenzale e a ruotare in senso antiorario fino all’attuale posizione. Il tutto si concluse circa 16 milioni di anni fa. Il movimento delle placche creò delle grandi fratture con spostamento di blocchi di crosta terrestre (faglie).
Da quelle più profonde si verificò un’intensa risalita di magma che diede origine ad uno dei periodi di più forte attività vulcanica mai vista in Sardegna. Si formarono dei grandi vulcani di tipo esplosivo, dei quali oggi sono rimaste poche tracce. Dobbiamo immaginare scene come quelle viste dagli abitanti di Pompei. Nubi ardenti e valanghe di ceneri e lapilli che viaggiano per decine di chilometri prima di fermarsi ricoprendo tutto quello che incontrano sulla strada. Col passare dei milioni di anni, questo materiale vulcanico pian piano si saldò e divenne roccia.
Dove possiamo osservare queste rocce (trachiti) in Sardegna?
Nel Sulcis, Marghine, Planargia, Sassarese, Anglona… Sono quelle rocce che comunemente vengono chiamate “trachiti”, ma che in realtà da un punto di vista di formazione geologica, sarebbe più corretto definirle “ignimbriti”, essendo le trachiti un’altra tipologia di rocce, tra l’altro abbastanza rare in Sardegna.
La cosa ancora più stupefacente è che anche i fondali marini non erano per certi versi luoghi tranquilli. Anche qui, gli effetti dell’attività vulcanica di inizio Miocene, si sono fatti sentire!
I risultati di questo vulcanismo sottomarino, li possiamo osservare bene in Marmilla (Sardegna centrale).
Qui si sono conservate formazioni di lava sottomarina che prendono il nome di Pillow Lava (o “lave a cuscino”). Questi non sono altro che blocchi sferoidali con strutture raggiate che partono dal centro verso il bordo esterno. Spesso l’alterazione cancella parte di questa struttura interna, ma generalmente si possono osservare questi blocchi abbastanza ben conservati. Generalmente queste lave a cuscino hanno una dimensioni di 1 – 1,5 metri di diametro ma in Sardegna abbiamo un primato quasi mondiale proprio su questa strana tipologia di lava sottomarina. Nel territorio comunale di Masullas (OR), si può ammirare uno di questi “cuscini” di lava delle dimensioni record di 12 metri di lunghezza per 8 di altezza, da qui il nome “Mega Pillow”. Per via di questa unicità è stato dichiarato monumento naturale.
Per fortuna ogni tanto l’attività vulcanica, sia essa sottomarina che terrestre, aveva dei momenti di pausa. In questi frangenti di tranquillità la vita marina poteva riprendere a svilupparsi, andando a colonizzare i nuovi ambienti.
I bassi fondali erano un pullulare di vita. Barriere coralline, distese di ricci mare, granchi…e dugonghi. Si, perché in questo periodo le coste sarde erano popolate anche da mammiferi marini del tutto simili agli attuali dugonghi. Oggi possiamo trovare questi strani e placidi animali nella fascia tropicale nel Mar Rosso e nelle coste occidentali dell’Oceano Pacifico. Poco più al largo però, le acque erano molto meno sicure, infatti avremo potuto incontrare uno dei più grandi predatori mai esistiti nei mari della Terra dopo la scomparsa dei giganteschi rettili marini del Mesozoico.
Parliamo del famoso Megalodonte (
Carcharocles megalodon). L’aspetto forse ricordava vagamente quello dello squalo bianco, ma le dimensioni erano più vicine a quelle di una balena! Si stima una lunghezza di circa 18 metri con denti che potevano raggiungere i 20 cm di lunghezza. Oggi uno squalo bianco può raggiungere al massimo i 7 – 8 metri.
Visto che il mare aperto poteva essere un pericolo mortale, sarebbe stato meglio prendere il sole sulla spiaggia? Mah… Forse non saremo stati al sicuro neanche lì perché avremo potuto fare i conti con i coccodrilli. Alligatori e Gavialoidi (simili a quelli dell’Indonesia) si riscaldavano sulle sponde dei fiumi o sulle coste in attesa di riprendere le acque alla ricerca di cibo.
Oggi cosa rimane di tutto questo? Gli estesi affioramenti di calcari, arenarie e marne che hanno formato le colline della Marmilla, Trexenta e Sarcidano per esempio, celano al loro interno i fossili di questa fauna marina tropicale estinta. Il Geosito paleontologico di Duidduru di Genoni offre uno spaccato di questo mondo perduto… e si tratta di uno spaccato nel vero senso della termine, in quanto il geosito è una collina orami dimezzata dall’attività di cava per inerti. La coltivazione della cava ha portato alla scoperta di decine di metri quadrati di superfici rocciose con accumuli di ricci di mare perfettamente conservati.
Non solo, gli ultimi lavori di scavo hanno portato alla scoperta di un dente di coccodrillo esposto, assieme ad altri reperti provenienti da questo sito, nelle sale del P.AR.C . Uno dei pochi reperti esposti, ma proveniente dal territorio di Orroli, è un dente di Megalodonte, conservato nelle sale del museo per via della collaborazione tra amministrazioni comunali e Soprintendenza Archeologia, Belle Arti E Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna.
Articolo a cura del Geologo e Direttore scientifico del PARC Luigi Sanciu